Le ragazze della SSD Dolomiti Bellunesi chiudono il girone d’andata al settimo posto: va in archivio, infatti, la prima metà del campionato femminile di Eccellenza. Ora spazio alle vacanze natalizie? No, perché dicembre è il mese dedicato alla Coppa Italia: anche se domenica 4 il collettivo di mister Pellicanò osserva un turno di riposo. E tornerà sul rettangolo verde l’11, in trasferta contro il Carbonera.
ACQUA AL MULINO – La sensazione è che questa squadra abbia margini di crescita ancora da esplorare. Specialmente se si considera che, al mulino del gruppo, ogni atleta porta l’acqua dell’impegno, della generosità, dell’attaccamento ai colori e alla maglia. Come Valentina Cercenà: «Sono un’attaccante – racconta la venticinquenne – e fin da piccola ho avuto la passione per questo sport. Ho iniziato con i maschi della Valzoldana per poi approdare a Belluno: in Primavera e, poco dopo, in prima squadra. Il calcio per me è speciale, unico, un mix di emozioni: servono dedizione, sacrificio e responsabilità». Valentina, da buona attaccante, vive per il gol: «Ogni gara, bene o male, mi lascia qualcosa, ma quando segno le sensazioni sono ancora più forti. E sono particolarmente contenta».
SCATTO – Nello scacchiere dolomitico, Cercenà ha caratteristiche importanti. Una su tutte: «La velocità. Lo scatto mi permette di superare l’avversaria. Per lo meno – sorride – quando non mi fischiano fuorigioco. La SSD Dolomiti Bellunesi? Una splendida occasione. Faremo il possibile per portare avanti il progetto a testa alta, lavorando sodo: giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita».
NO DEVA, NO PARTY – La forza del collettivo può dare la spinta per un 2023 da protagoniste: «Ho un buonissimo rapporto con ognuna delle mie compagne – conclude Valentina -. Siamo un bel gruppo. E un pilastro fondamentale di questa squadra, ormai da anni, è la nostra Sandra Sommariva: della capitana non si può fare a meno. Ma neppure di Chiara De Valerio, un’amica eccezionale: in campo e fuori. Con lei, il divertimento è assicurato. E, come dico, sempre “no Deva, no party”».