L’emozione non ha voce? In compenso ha un ruolo: portiere. Un numero: uno. Un nome e un cognome: Marco Canova. Già, difficile trovare la voce – e di conseguenza, le parole – per descrivere ciò che ha vissuto il promettente estremo difensore, classe 2004: uno che, solitamente, difende i pali della formazione Juniores. Ma che, domenica scorsa, è stato chiamato in causa in serie D: nell’undici di partenza del confronto col Montebelluna.
«Non mi aspettavo di partire titolare – ammette Canova – ma ero pronto e concentrato per questo momento. Quando l’ho saputo? Solo domenica, quando il mister ha dato la formazione. Era un mio obiettivo: uno dei più importanti». E aver debuttato al polisportivo ha reso questa esperienza ancor più speciale: «L’esordio a Belluno è stato una fortuna. Perché il momento in cui imbocchi il tunnel prima dell’entrata in campo è qualcosa di unico, da vivere e assaporare fino in fondo».
Peccato per il risultato, che non ha sorriso alla SSD Dolomiti Bellunesi. E per i tre palloni raccolti in fondo alla rete: «Non era la partita che sognavo, è ovvio, però fa parte del gioco. Rimane la grande soddisfazione a livello personale, ma allo stesso tempo il rammarico per il risultato del match. In ogni caso, guardiamo avanti».
Marco è parso tranquillo e a suo agio: «Perché tutta la squadra mi ha appoggiato. A cominciare da capitan Corbanese, Stefano Mosca e Georges Petdji: il loro aiuto è stato davvero prezioso. Non solo domenica, ma anche in allenamento durante l’arco della stagione».
Il giovane custode dei pali non ha un particolare modello di riferimento: «Però sono in linea con l’idea di portiere “moderno”. Mi piace stare nel vivo dell’azione, giocare con i piedi, partecipare a tutte le fasi della partita». E ora, archiviato il debutto in prima squadra, vietato porre limiti a Canova: «Penso solo a dare il meglio – frena il portiere – e a onorare la maglia, se avrò ancora occasione di giocare».
Foto di Giuseppe De Zanet