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C’è una passione che non conosce pause, né interruzioni di gioco. È quella che arde nel cuore e negli occhi di Paolo De Cian, presidente della SSD Dolomiti Bellunesi. Una passione che sconfina oltre il rettangolo verde e si intreccia con le radici del territorio. Più che un dirigente, De Cian è il primo tifoso, il volto di una società capace di conquistare la Serie C, ma che, ancor prima, ha saputo costruire un’identità. Concretamente e idealmente. Perché per il “pres” quella dolomitica non è solo una squadra di calcio: è il filo di una provincia che si unisce, di comunità che si riconoscono. 

OLIMPIADI – Lo stadio come punto d’incontro, la maglia come seconda pelle, la società come famiglia allargata. Questo è il calcio di De Cian: «Provo una gioia indescrivibile – è il suo commento -. Quando è nato il progetto, quattro anni fa grazie alle tre realtà di Belluno, San Giorgio Sedico e Union Feltre, ci eravamo prefissi l’obiettivo di raggiungere il professionismo prima delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina. Ebbene, ci siamo riusciti». 

PATRIMONIO – Clamorosa, inoltre, la risposta di pubblico: «È incredibile l’entusiasmo che siamo riusciti a tramettere. Un simile patrimonio va coltivato e alimentato». Sono diverse le chiavi del successo: «La passione prima di tutto, poi il gruppo, la società, i ragazzi che scendono in campo. Forse, sulla carta, non eravamo la squadra più forte: ma la società ha sempre creduto in ognuno degli atleti della rosa. E loro si sono calati al meglio in questa realtà. Lo ripeto, è una vittoria di tutti: nessuno escluso». 

DA LASSÙ – Immancabili le dediche: «Al “mio” presidente Sergio De Cian. Una persona che, se fosse ancora in vita, avrebbe presieduto la SSD Dolomiti Bellunesi. Penso poi a Livio Gallio e a Mauro De Menech, due figure fondamentali per il nostro club e che, purtroppo, ci hanno lasciati troppo presto. Ne sono convinto: da lassù, è arrivato il loro aiuto per tagliare questo importante traguardo».