Élite di nome e di fatto. Perché in testa alla classifica ci sono proprio loro: gli Allievi Élite della SSD Dolomiti Bellunesi. Il “gruppo di Ferro”: inteso come metallo. E guida tecnica. Perché Alessandro Ferro è il mister che ha guidato gli Under 17 in un girone d’andata chiuso al primo posto, con 11 successi in 13 incontri, la miglior difesa del campionato (appena 7 le reti incassate) e un margine di vantaggio di 5 lunghezze sulle inseguitrici: Vittorio Falmec e Sandonà.
Mister Ferro, chi è un allenatore di settore giovanile? E quali caratteristiche deve avere?
«Una persona consapevole del ruolo sociale che ricopre. Preparato nel suo mestiere, esigente – perché vengono spesi tempo e risorse in questo sport – ma equilibrato nei giudizi, paziente. E poi deve infondere fiducia, essere credibile e dunque coerente con i suoi comportamenti e i pensieri che esprime».
Come ci si rapporta con un giovane calciatore di oggi?
«Con il sorriso, con la serenità di essere dei privilegiati, sapendo di far parte di un gruppo prescelto come la Dolomiti Bellunesi. Ma anche con l’ambizione di volersi migliorare e la giusta dose di competizione sportiva, orientata a rendere gli allenamenti efficaci e stimolanti per la crescita tecnica e caratteriale».
In termini di priorità, quali sono i concetti chiave che cerca di trasmettere al gruppo?
«Rispetto. Delle persone, dei materiali, delle strutture, dell’impegno, delle risorse. Ed è importante poi rendere consapevoli i ragazzi di ciò che stanno facendo».
Allenare è sinonimo di educare?
«Sì, perché rappresentiamo uno dei tre pilastri con i quali i giovani cresceranno fino ai 18, 19 anni: famiglia, scuola, sport. Devono convivere, confrontarsi, aiutarsi».
C’è un modo per coltivare il talento e, in generale, le qualità del singolo?
«Il talento va stimolato e allenato. Non è uguale per tutti: ognuno potrebbe averne uno speciale e, di riflesso, un tallone d’Achille. Riconoscere entrambi gli aspetti è il nostro lavoro: esaltare il primo e migliorare il secondo è il nostro compito».
Il titolo d’inverno vi ha sorpresi?
«Non era preventivato. All’inizio io stesso ero un po’ spaesato, complici gli ultimi due anni di sospensioni: qualche “danno” lo hanno lasciato ai ragazzi. Non bisogna nascondere, comunque, che siamo partiti da un gruppo selezionato di tre realtà già affermate. Ora, però, il percorso non deve appagarci: anzi, è necessario essere ancora più ambiziosi in termini di atteggiamento. I ragazzi non devono misurare il loro percorso solo in termini di vittorie conseguite: devono migliorarsi ogni giorno, poi i risultati arriveranno».
Perché, nell’ambito del vivaio, quello della SSD Dolomiti Bellunesi può essere un progetto vincente?
«Solo il tempo dirà se sarà vincente, ce lo auguriamo tutti per gli sforzi profusi e perché il salto di mentalità è stato forte. Se aumenta la qualità del lavoro, l’intero territorio potrà trarre beneficio da un ambiente migliore a livello sportivo. Siamo solo all’inizio, non dobbiamo distrarci, ma seguire dei principi generali validi nel tempo. E dotarci di una visione di crescita più a lungo raggio, senza fermarci a un campionato vinto o perso per un paio di punti. Detto questo, se stiamo davanti la cosa ci fa un enorme piacere».