Fra qualche giorno avrà gli occhi del mondo addosso. Almeno di quello calcistico: il riferimento è al Camerun, il Paese che ospiterà la Coppa d’Africa. E che accoglierà stelle del calibro di Salah e Hakimi, Kessie e Mahrez, Anguissa e Koulibaly. Ma il Camerun è anche il Paese di un altro calciatore, che avrebbe tutte le carte in regola per giocare in pianta stabile fra i professionisti. E che la SSD Dolomiti Bellunesi si tiene ben stretto. Perché è un punto di riferimento: in campo, dove può occupare ogni singolo ruolo in difesa (e non solo). E pure al di fuori del rettangolo verde. Ha occhi profondi e pelle d’avorio, una dolcezza nell’approccio con le persone direttamente proporzionale alla forza e all’impegno con cui interpreta qualsiasi sfida sul campo di calcio. E della vita.
Lui è Georges Douglas Petdji Tsila: camerunese di nascita, dolomitico di adozione. E giustamente orgoglioso delle sue origini: «Sì, tengo tantissimo alla terra in cui sono nato e da dove sono partito. In Italia mi trovo molto bene, ma il Camerun è tutto per me».
CAPITALE – Il “leone” delle Dolomiti è nato a Yaoundé: «Ovvero, nella capitale. Una città con tantissime sfumature e innumerevoli particolarità da visitare e scoprire. Come è meraviglioso il centro di Douala, sul golfo di Guinea». I ricordi d’infanzia sono indelebili: «Ho sempre giocato a calcio, fin da piccolo, con una compagnia ampia e variegata di bambini, in un clima di grande festa, allegria e divertimento. Stavamo sempre di fuori, all’aria aperta. Ho vissuto momenti indimenticabili con parenti e cugini, mentre a scuola ho imparato l’inglese e il francese. E ora, con l’italiano, parlo tre lingue. Quattro con il dialetto bellunese (risata, ndr)».
INTEGRAZIONE – Georges si è trasferito in provincia di Belluno all’età di 13 anni: «Mia mamma era già in Italia con alcuni zii e così l’ho raggiunta». Il periodo iniziale, però, non è stato facile: «Al contrario. Faticavo a comunicare e a farmi capire perché l’italiano è complicato. Poi le cose sono progressivamente migliorate. Ho coltivato le prime amicizie e, in questo senso, il calcio mi ha aiutato parecchio». Petdji è un ragazzo solare e il processo di integrazione non poteva che essere immediato: «Qui sono davvero a mio agio. Se ho mai incontrato il razzismo? Al massimo qualche episodio isolato. Contro l’ignoranza si può fare ben poco».
BANDIERA – E si torna sempre al punto di partenza. O meglio, d’origine: il Camerun. «Tutte le volte in cui scendo in campo – conclude il venticinquenne passato pure per il settore giovanile della Sampdoria – porto al braccio la bandiera del mio Paese. E quando gli arbitri più pignoli me la fanno togliere, la infilo nei parastinchi. È il mio portafortuna». In chiusura è inevitabile una battuta sulla nuova esperienza alla SSD Dolomiti Bellunesi: «Ho sposato il progetto fin dall’inizio. Tutto sta procedendo per il verso giusto, speriamo di proseguire su questa strada».
Foto di Giuseppe De Zanet